Erika
Lakava

Il lavoro di Bianca Beghin vive di emozioni. Ha una sintassi semplice, composta da pochi elementi essenziali: tronchi, rami svettanti verso il cielo, un terreno d’appoggio. Tra questi, si erge ritagliato il cielo, come una coperta composta di tessuti differenti in cui i rami sono le cuciture, come una vetrata decorativa dal sapore art nouveau. Ma di decorativo i lavori della Beghin hanno ben poco, incentrati come sono sull’istante, sul respiro presente, sulla fissazione di un momento, piacevole o doloroso che sia. Al palpito di questi attimi rimandano i titoli delle opere, che si fanno confessione intima e racconto di atti di esperienza vissuta. Cartoline ricordo condivise, in cui il tempo si ferma in immagini cristallizzate, agglomerati di sensazioni che recano con sé il profumo delle madeleine di Proust.

I lavori della Beghin sono concrezioni di ricordi, in cui i boschi diventano luoghi dell’anima. La memoria, staccandosi dall’oggetto, da fisica si fa pura espressione, tingendo gli alberi di rosso, blu, verde, facendo loro perdere i connotati naturali. L’approccio antinaturalistico al colore, di chiara ascendenza espressionista, si sposa qui con una componente altamente simbolica che fa dell’albero la metafora della vita umana, con le sue stagioni, i suoi umori, la sua ferma resistenza alle intemperie e i segni che queste possono lasciare sulla pelle. Il tronco, liscio e asciutto, privo di foglie, si fa metafora del corpo umano, teso in un’ode o afflitto e ritratto su se stesso. In queste metamorfosi dell’albero nel corpo, e del corpo nell’albero, la figurazione lentamente scompare per lasciare il posto a un lirismo puro che si esprime attraverso un uso libero del colore, che mangia i contorni delle cose, li slabbra, restituendoci alla vista quello che può essere letto come la materializzazione di un sentimento. 

La poetica della Beghin è per principio a-descrittiva e a-figurativa. A partire da un breve richiamo oggettuale, che resta latente, l’artista si astrae lavorando per sottrazione, togliendo lentamente ogni riferimento materico alle cose. Nelle opere recenti si intravedono alberi, campi e marine perdersi in chiazze dense di colore, gettato a spatolate o fatto colare, puro, in modo istintuale. In quel che resta del paesaggio, seguendo il filo dei ricordi come attraverso la nebbia, il tessuto del reale si sfalda, le linee si rompono e appaiono tracce di informale.

Non rinnega il passato Bianca Beghin, ma lo ingloba in sé e lo supera, sapendo di lasciarne traccia, sotto la pelle dell’opera, come una filigrana tra le maglie del colore. Le emozioni che guidano la sua mano sono le stesse, gli orizzonti pure. Per chi conosce la sua opera non sarà difficile ritrovare richiami figurativi familiari e, aggrappandosi a un ramo, tramite esso lanciarsi all’interno del quadro. Qui troverà ad accoglierlo un trasporto più intenso, ormai non più contenibile, che esplode letteralmente per restituirci l’immagine di una pura emozione.

 

 

Gabriella
Niero

Arcane Metamorfosi

Rapidi tocchi  di pennello, sinuose e dilatate velature, atmosfere ispirate alla natura che si rinnovano di continuo . E' come immergersi nell'anima vibrante e mutevole di un paesaggio arboreo scosso dal vento,   nella stesura vaporosa della luce, nei silenti e nascosti angoli di un arcano spazio boschivo.  Bianca Beghin  è una pittrice di ambito  impressionista, che gradualmente si è orientata verso l’allusione simbolica per cogliere una  realtà inconsueta, più profonda ed intima.  Per lei, da sempre,  dipingere significa andare oltre la mera superficie,  al di là della scabra pelle della bidimensionalità. Ogni piccolo segno e la singola scelta del colore coincidono con il desiderio di scoprire "l'anima" delle cose, il loro senso, il valore che esprimono. La linea elegante degli alberi, anche se dilaniati da tempeste improvvise,  i curiosi profili di un paesaggio misterioso -forse un sogno della natura- la mutazione degli elementi come l'aria che diventa colore e  la suggestione di un oggetto riportato alla luce dai meandri del tempo, sono tutti testimoni di un passato recente e  rappresentano i profili ed i riferimenti del vissuto riscoperto attraverso la pittura che evoca continuamente certe situazioni emozionali. La grafia di Bianca Beghin procede per sovrapposizione nell'innesto dei toni, in particolare l’azzurro ed il blu, che attraverso campiture ad incastro sembrano seguire un ritmo organico. I segni  ricompongono il diario dei ricordi. Nelle tracce  figurative si possono cogliere i dettagli  o gli sviluppi della forma nel largo respiro della tela .Ogni soggetto scelto  dall'autrice ha un proprio significato simbolico  ma possiede anche un riferimento diretto con gli altri elementi. Sono forse paesaggi dell’anima? I profili si sovrappongono, riempiono uno spazio che appare vitale nel ritmo  dei colori, soprattutto nei raffinati accostamenti che Bianca realizza con delicate sfumature .   C'è sicuramente un istinto interno che guida la mano, una specie di fremito che accende e successivamente evoca le immagini: le esperienze della vita tornano rapidamente alla luce e trovano una nuova rivelazione nella dimensione pittorica.

 

 

Federica
Bevilacqua

I luoghi del cuore

Si deve entrare in punta di piedi nel mondo dipinto da Bianca Beghin. Con la delicatezza che si riserva alle cose fragili e preziose. Senza portare scompiglio, pronti a cogliere le vibrazioni e le variabili che i suoi quadri sprigionano.

Bianca si avvicina all’arte quando è ancora una ragazza, affascinata dallo studio di un artista nel quale muove i primi passi, dedicandosi al disegno e all’acquerello. Poi la vita e le scelte professionali che non le consentono di coltivare in modo continuativo il suo talento.

Ma la pittura era lì, latente e silenziosa, quando finalmente arriva il momento di dedicarsi. Il tempo più libero, nuove esperienze e nuovi legami sono la miccia che accende una nuova stagione fatta di volti e di natura, di studio e di fatica. Bianca Beghin si misura con grandi tele che accolgono le forme guizzanti e contorte di alberi a lei famigliari, catturati prima fotograficamente, fatti propri e poi trasformati in codici di un lessico interiore, capace di modulare senza limiti le mille sfumature di emozioni e sensazioni.

Alberi come amici e discreti confidenti, incontrati nel viaggio della vita, raccontano precisi stati d’animo, come si legge nei titoli delle opere. Tenerezza, Follia nell’aria, Strappi d’amore, Cercandosi, Attesa. Al centro dell’opera c’è sempre l’anima. Lo spunto fotografico presto si trasforma in un’immagine mossa e dinamica, di matrice vagamente neoimpressionista, che si fa via via più potente, o leggera, o nitida o sfocata, grazie ad un uso sapiente e libero del colore, steso dai tocchi di pennello o dal lavoro di spatola.

Ed è così che l’albero, in questa visione frammentata e ravvicinata, perde la sua connotazione naturalistica e descrittiva, per acquisire una valenza simbolica che tende inevitabilmente all’astratto. Lo straordinario senso del colore di Bianca diventa strumento espressivo fondamentale, e ci trasporta lontano dai luoghi fisici per accompagnarci nei luoghi del suo cuore, descritti dalle tonalità delicate dei rosa e degli azzurri, o da quelle contrastanti di rossi e blu elettrici. Il colore è trattato con forte senso plastico, a rendere non tanto l’aspetto vero della natura quanto la profondità e l’intensità delle emozioni che racconta.

Un processo di astrazione progressivo, anticipato anche dai segni sottili di colore che attraversano le tele più recenti e che preannunciano nuove forme e nuove ricerche, frutto di una vena creativa ricchissima e in continua evoluzione.